venerdì 30 ottobre 2009

Una lama nel tempo

Otto centimetri. Dicono che la lama con cui attentai alla vita del Re avesse questa lunghezza. E che fosse "buona solo a sbucciare le mele". Povero illuso che ero.

Credo di chiamarmi Giovanni Passannante e di essere nato a Salvia di Lucania il 19 febbraio del 1849. Raccontano che masticai presto la fame, mi recai in Città e invece di mettere a tacere lo stomaco, mi riempinzai la testa di belle parole e idee grasse. Di Città in Città, finii a Napoli a fare il cuoco, il lavoro perfetto per un morto di fame: stare tutto il giorno a contatto col cibo senza poterlo mangiare. Presto ebbi la nausea. Di tutto. Provai ad ammazzare il Re, o forse volevo solo sbucciarlo come una mela.

Fallii.

Mi presero e mi gettarono a mangiare la mia merda là sotto, dove ogni pensiero è solitudine e dolore, dove ogni prodotto del mio intelletto aveva un peso specifico: i diciotto chili della catena che mi schiacciavano al suolo, in una cella sotto il livello del mare, divorato dallo scorbuto e dalla salsedine.

Mai mettersi contro il Re. Per lui l'umanità è un prurito di culo nel mezzo dell'omelia di un prete, in chiesa. Solo un fastidio. Mai e poi mai contro al Re. Vi scatenerà addosso i suoi cani. E i loro latrati saranno teorie folli, sale nelle ferite e mille e una morte.

Il cane del Re mise il mio cervello sotto spirito.

Mille grazie, bastardo.

A 160 anni dalla mia nascita sono ancora qui, rinato in una polvere di bit. Abito le ossessioni di qualcuno. Questa è la mia nuova lama spuntata. Il mio diario, buono solo per sbucciare le mele.

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